Guarire da…(elementi di saggezza antica)

di Emilia e Lindo
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Guarire da… (elementi di saggezza antica)

Guarire da…. formule magiche, saggezza e credenze tramandate dai nostri antenati. Erano indispensabili per sopravvivere in ambienti difficili e in un mondo semplice, ormai scomparso. Si parla di malattie e guarigioni e di detti dove si nascondono i ricordi dell’infanzia dei nostri nonni

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Guarire le ustioni

Tutti sanno quanto siano validi i vari olii e unguenti. Ma sapevi che si consigliava di mangiare gherigli freschi di noci, raccolti nella notte di San Lorenzo, per far diventare curativa la saliva?  Ancora oggi è istintivo mettersi in bocca un dito dolorante e gli animali si leccano le ferite. Quindi la saliva ha davvero proprietà curative
Detto: “Medséina, medséina, caca ed galéina, caca ed capòun, léca la frida al me putinòun” (Medicina, medicina, cacca di gallina, cacca di cappone, lecca la ferita al mio bambinone)

Guarire i dolori reumatici

Immergere nella concimaia, nel letame caldo l’ammalato. Oppure, avvolto in una coperta, infilarlo nel forno del pane dopo la cottura, ovviamente con la testa fuori, e lasciarvelo per qualche tempo.

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forno del pane (foto di Lorenzo Bonini)

Guarire il mal di testa

La cura sembra adatta a sole donne. Infatti si doveva avvolgere la testa della sofferente con le mutande di un uomo (preferibilmente il marito). Che fosse una cura ormonale primitiva?

Guarire gli orzaioli

Guardare dentro alla bottiglia dell’olio. Da noi non sempre era possibile, visto che si usavano solo grassi animali (lardo e strutto)

Guarire il torcicollo

Si consigliava di avvolgere intorno al collo una calza di lana sporca..

Guarire la stitichezza

Mangiare mele cotte, susine, nespole mature.
Detto: “Pòm còt, brùgni, néspel madùr, caca fàta séinsa cul” (mele cotte, susine, nespole ben mature fanno evacuare senza accorgersene)

Guarire la bronchite

Forare una carta da zucchero, generalmente azzurra. Spalmarla di lardo caldissimo e metterla sul petto dell’ammalato, oppure la famosa papéina di semi di lino.

Guarire il singhiozzo

Ammollare lo zucchero con alcune gocce di aceto forte e inghiottirlo a digiuno

Guarire la pertosse

Leccare la scodella dove mangia il cane “berlécher la tégia dal càn”

Guarire la parotite

Conosciuta come “i urciòun”,  gli orecchioni, veniva curata applicando dietro le orecchie dell’ammalato foglie di bietola unte di grasso di maiale. Se gli orecchioni colpivano un adulto provocano un rigonfiamento ai testicoli, quindi la stessa cura si estendeva a quella parte del corpo.

Guarire l’itterizia

Mettere, di nascosto, nel piatto della minestra tre pidocchi da testa

Guarire il rachitismo dei bambini

Chiamato “simìot” era l’aspetto scimmiesco di bambini che crescevano stenti e gracili. Bisognava infilare nell’ano del bambino una penna di pollo unta di grasso

Vincere la malinconia

Mangiare pane secco (grustéin) oppure mettere un sassolino in una scarpa. Ancora oggi si curano le depressioni cercando di distrarre l’ammalato. Un sasso nella scarpa distrae da qualsiasi pensiero.. Si pensa solo di toglierlo!

Evitare il raffreddore

Portare sempre in tasca due castagne d’India (maròun selvàdegh). Sembra che questo frutto abbia proprietà antinfiammatorie

Maròun selvàdegh

Evitare l’abbronzatura

Riservato alle donne, apprezzate per la carnagione bianchissima. Non bisognava esporsi al sole, ma per sicurezza era bene uscire di casa camminando all’indietro!

Evitare macchie o voglie sulla pelle

Se una donna incinta desiderava un frutto o un cibo qualsiasi, bisognava assecondarla subito. Altrimenti la voglia si trasferiva sul corpo del neonato. Per evitare questo la donna doveva, se non riusciva a soddisfarsi, toccarsi una parte del corpo nascosta, generalmente fra le natiche. Da qui il detto “tuchéres al cul” (toccarsi il sedere)

Per far venire il latte

Perché fosse abbondante per le donne (ma anche per le mucche) bisognava bere tre volte al giorno un infuso di “sanféin salvàdegh”, erba medicamentosa chiamata “Galega officinalis”.
Per evitare un eccesso di secrezione lattea, si doveva fare un battuto “d’erbi bouni” e spalmarlo intorno ai capezzoli.

Detti popolari

Starnutire

Lo starnuto era un segnale negativo, da questo ebbe origine l’augurio di buona salute che si fa a chi starnutisce. Si dava anche un’interpretazione secondo il giorno in cui si verificava: “al lunedé selta in pé – al martedé furtuné – al mercurdé desideré – al giuvedé regalé – al venerdé pasiòun – al sàbet cunsulasiòun – la duménica dichiarasiòun

Il prurito

Se si sentiva prurito al naso bisognava aspettarsi “Ràbia, pùgn o bés o léttra da arrivér o murùs da spianér” (Rabbia, pugno o bacio o lettera in arrivo o moroso nuovo). Si dovevano attendere gli eventi per conoscere il risultato. Se il prurito era sul palmo della mano destra si sarebbe dovuto pagare, sulla sinistra sarebbe stato un facile guadagno.

Giorni negativi

Il martedì e il venerdì erano giorni neri: se cadevano il tredici e il diciassette del mese, addirittura orribili. Detti: “chi as mét a lét al martedé o al venerdé an nes’ leva più” (chi si ammala di martedì o di venerdì non guarisce più). “Al martedé e al venerdé tut a chiéter e gnint a me” (al martedì e al venerdì tutto agli altri e niente a me)

La camìsa

La placenta, veniva accuratamente osservata dalla “cméra” (la comare o levatrice), perché dava indicazioni sul futuro del neonato. Se si presentava intera era segno di fortuna. Di qui il detto “l’è né con la camìsa” (E’ nato con la camicia)

Pettinare i capelli

Non si dovevano pettinare i capelli ai neonati, perché si temeva di forare il cervello attraverso la fontanella, né si doveva pulire il cuoio capelluto ai bambini, perché la sporcizia favoriva lo sviluppo.

Regalare un fazzoletto

Questo dono poteva essere accolto molto male. Il fazzoletto era legato al dolore e alle lacrime: bisognava restituirlo o contraccambiare nello stesso modo

Regalare una spilla

Se la si riceveva in dono, per evitare danni futuri si doveva forare un dito a chi la donava

Le rondini

L’arrivo della prima rondine era un avvenimento felice e per evitare il dolore di pancia era bene, al primo avvistamento della rondine, mettersi a pancia in giù sulla terra. Il volo delle rondini dava indicazioni meteorologiche che venivano espresse in versi: “rundanéina vola abàs, damuméinti a vin un squàs” (la rondinella vola vicino al terreno, fra poco verrà un acquazzone”

La pioggia

Era sempre una manna per la campagna, tranne durante la mietitura,  la vendemmia e quando si faceva bucato.  Sul bucato, oltre al danno si diceva: “slà fa i caplétt la ruvina al tég, sa piòv cun al sol me mari l’è un traditòr” (se  piove a dirotto rovina il tetto, se piove con il sole mio marito mi tradisce). Se accadeva durante un funerale l’auspicio era negativo “quànd a piòv insìma a un mort a piòv set dé e nà not”.  Durante un matrimonio “sposa bagnéda, sposa furtunéda“.

La morte

La presenza della morte era ovunque ed era legata ad una sensazione di freddo: “sintìr un sgrisòr ed fred”, avvertire un brivido di freddo era un segno che la morte era passata molto vicina.

Cavallo bianco

Incontrarlo era un segno di fortuna. Quando a Correggio si vedeva un cavallo bianco ci si bagnava con la saliva il pollice della mano destra. Lo si appoggiava sul palmo della sinistra battendo poi con il pugno chiuso della mano destra lo stesso palmo e si diceva un numero. Si diceva che quando una persona fosse arrivata a contarne cento, avrebbe avuto un colpo di fortuna.

Il fieno

Incontrare un carro di fieno portava bene, meglio se si riusciva a strapparne una manciata.

Salute, saggezza e magia. Consigli, detti, ricette e formule, cosa fantasia e cosa realtà?
Stranezze o sapere? Oggi non si distingue più.
E’ l’affacciarsi su un mondo semplice ormai scomparso, racconto di una vita di stenti e di privazioni, ma ricco di lealtà.
Anche tu conosci detti che ti hanno accompagnato dall’infanzia?

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